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Mame, Mamele, Mama - Rassegna stampa

 

« Care mamme del mondo, vi amo »

Maria Grazia Gregori

L'Unità - 6 novembre 1998

 

A teatro Moni Ovadia mischia tradizione yiddish e “mammismo”.
Tempi duri per le madri in un’epoca che si ferma neppure di fronte alla barriera della generazione. Perfino un iconoclasta come Moni Ovadia se ne preoccupa e rende questa figura, che prima riempiva di sé l’universo dei figli, un omaggio che suona come un De profundis in una notte telematica. Già tutto è evidente nel titolo, un’invocazione in tante lingue: Mame Mamele Mama Mamma Mamà. Un titolo buffo e inquietante insieme: le due chiavi attraverso le quali è possibile leggere lo spettacolo andato in scena al Piccolo Teatro di Milano con
grande successo. Qui Ovadia si confronta con la memoria sia vissuta a livello collettivo sia più dolorosamente personale. Cero non rinuncia alle sue radici partendo proprio dalla yiddishe mame, la mamma yiddish, croce e delizia di tanti ebrei nei secoli dei secoli. Ma è una vera e propria galleria di madri quella che ci propone; dalla mammina di Proust attesa dal figlio con ansia per il rituale bacio della buonanotte a qualla di Brecht e di Ginsberg ricordate in due bellissime poesie; dalla mamma russa alla mamma polacca fino alla mamma italiana immor-
talata dalla canzane popolare Mamma, tradotta anche in yiddish; ma può anche cantare una poesia di Witkiewicz sulla musica della celeberrima Chucaracha come omaggio alla “madre” di tutte le rivoluzioni.
In frac da direttore d’orchestra, dittatoriale quando occorre, ma sbeffeggiato e non ascoltato, Ovadia dirige un coro di personaggi interpretati dai musicisti della TheaterOrchestra, mentre un vecchio attore si muove per la scena canticchiando in francese “sono solo questa sera” e srotola i due rulli posti ai lati del palcoscenico con i testi delle canzoni. Ma l’interrogativo continua a serpeggiare: è possibile relizzare questo requiem laico dedicato alla madre proprio oggi che si coltiva in provetta “la madre” di tutte le cellule? Frenato da un’orchestra bizzarra
che tenta di sostituire con un’inquietante orchestrina di fantocci meccanici, fra sedie e strumenti musicali che pendono dal soffitto, Ovadia non rinuncia neppure questa volta alla visionarità esplosiva del suo teatro, anche se sceglie per sé un ruolo defilato, delegando molto ai bravi Olek Mincer e Lee Colbert, fatina bianca da fiaba futurista. E ci regala uno spettacolo nuovo davvero, fra timore e sentimento, senso della morte esorcizzata in canto, poesia e anche risata. Perchè Ovadia crede al sorriso e alle lacrime. E alla mamma, naturalmente.

   

 
Mame-rassegna-1 © Photo: Maurizio Buscarino




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Mame, Mamele, Mama - Press

Mame mamele mama mame mamma mamà

Oliviero Ponte di Pino

Il Manifesto -  November, 16 1998

Moni Ovadia began making the culture of eastern Jews known in Italy with his Yiddish Cabaret Oylem Goylem (also seen on TV). He then embarked first on a thematic exploration of the Holocaust (Dybbuk), and then on one of the revolutionary impulses of secularized Judaism (Ballata di fine millennio), and another on Kafka and his actor friend Löwy (Il caso Kafka)...

 

Care mamme del mondo, vi amo

Maria Grazia Gregori

L'Unità -  November, 6 1998

Hard times for mothers now that we don't even stop at the barrier of the generation of new life. This makes even an iconoclast such as Moni Ovadia worried, and so he tributes to this figure, who once filled her children's universe all by herself, a homage which has all the air of a de profundis in a telematic age...

 

 

   

 
 
 

Mame, Mamele, Mama - Rassegna stampa

 

« Mame mamele mama mame mamma mamà »

Oliviero Ponte di Pino

Il Manifesto - 16 novembre 1998

 

Moni Ovadia ha iniziato a far conoscere in Italia la cultura degli ebrei dell’Europa dell’Est con il suo cabaret yiddish Oylem Goylem (visto anche in tv). Poi ha iniziato un’esplorazione tematica: un capitolo dedicato all’Olocausto (Dybbuk), un altro agli slanci rivoluzionari del giudaismo secolarizzato (Ballata di fine millennio), un altro a Kafka e al suo amico attore Löwy (Il caso Kafka).

Ora tocca alla figura della leggendaria “yiddishe mame”, la mamma ebrea (per chi volesse saperne di più, è disponibile la monografia di Rachel Monika Her-
weg, che ripercorre l’intera storia di questo “matriarcato occulto ma non troppo da Isacco a Philip Roth”).
Il nuovo spettacolo è però anche qualcosa di diverso - di più personale e autobiografico, parrebbe. Mame mamele mama mame mamma mamà. Il crepuscolo delle madri (così suona il titolo completo) è un kaddish, cioè una orazione funebre, in onore della madre scomparsa. L’associazione più immediata è all’omonima struggente lirica di Allen Ginsberg (debitamente citata), ma in questo collage s’incontrano anche - tra gli altri - Laing e Brecht, Ritsos e Rózewicz, Esenin e Proust (il celeberrimo incipit della Recherche, quello del bacio della buona notte), una sfilza di canzoni ora beffarde ora struggenti, comprese sconclusionate rivisitazioni yiddish di melodie celeberrime come “La Cucaracha” o “Ciribin”, e naturalmente una manciata di irresistibili storielle ebraiche che hanno per protagonista una o più mamme ebree, personificazione di un affetto che può diventare devastante, implacabile, terroristico.
Nel cantare la madre - sua madre - Moni Ovadia attraversa un’autentica babele di lingue, con sottotitoli casalinghi per la traduzione, che scorrono come papiri su due rotoli di stoffa ai lati della scena: l’italiano e lo yiddish, naturalmente, ma anche russo e inglese, francese e bulgaro, tedesco, polacco e spagnolo… Un po’, banalmente, perché le mamme del mondo sono tutte belle, e tutte temibili. Ma anche perché si intuisce, forse, che il “crepuscolo delle madri” (cui lo stesso Ovadia dedica, in questa alba dell’era genetica, un’angosciata profezia) sta cancellando la madrelingua. Resta spazio solo per quella lingua primordiale che è il canto, forse il pianto.
Quella di Moni Ovadia resta una drammaturgia embrionale, ancora vicina alla liturgia, un concerto teatralizzato popolato più da figure che da personaggi, con uno sviluppo che è musicale ancor prima che narrativo, sospinto dalla tensione che anima tutti i suoi lavori: la sovrapposizione di lutto e riso, lo scontro tra un cordoglio inaccettabile e una comicità che libera dall’angoscia, l’imperativo di una memoria che attraversi i millenni, con tutti i loro Olocausti e diaspore, e il piacere dello sfogo immediato ed esplosivo della battuta. Per parlare di sé, Ovadia si oggettiva nel ruolo di direttore d’orchestra, e poi si moltiplica in tre personaggi (l’orfano piagnucoloso di Olek Mincer, l’orfanella sguaiata e petulante della scatenata Lee Colbert, il decrepito attore di varietà che pensa ancora alla mamma di Ivo Bucciarelli). Soprattutto, si proietta nella sua travolgente Theaterorchestra, indisciplinata e coreografica banda di orfanelli.
Il patetico, l’eccesso di sentimento, vengono subito ribaltati nel grottesco, deformati nei consapevoli oltraggi del guitto. Il pregiudizio e la presunzione vengono ogni volta ridicolizzati con una barzelletta. La verità dell’intelletto si disintegra in un motto di spirito. Solo a quel punto, dopo il pianto e il riso, oltre il sentimento e l’ideologia, dopo aver fatto il suo nido dentro il dubbio, una verità umana può finalmente riaffiorare: attraverso una storiella, una poesia, una canzone magari sgangherata, l’eco di una banda. È una verità dolente,
imbevuta di malinconia, lo sguardo perso in una nostalgia senza oggetto né redenzione. È una verità che - come nel Teatro della Morte di Tadeusz Kantor, che è un po’ il suo modello di riferimento - Moni Ovadia può ritrovare in quella terra di fantasmi che è il palcoscenico, così vicino ai confini del Nulla o dell’Apocalisse. Per poi ridere di sé, ancora una volta, e ricominciare a cantare.

   

 
Mame-frammenti-1 © Photo: Maurizio Buscarino




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Mame, Mamele, Mama - Text fragments


(The curtain rises. The stage is empty. A music-box plays a children's melody. Moaning and tearing at his clothes, the Polish-Jewish Orphan enters.)

- Mama umarla!... Mama umarla! Mama nie zije i co teraz nami bedzie, bez mamy jak sobie bez niej dami rade ale ja cie zachowam mama, we mnie mamoi gdzie jestes? Mama umarla!... Mama umarla!

(One by one, stunned, the eleven Orphaned Musicians in Search of a Mother stagger on stage. The mechanical prompters on each side of the stage show us the translation of the Orphan's lines:)

The mother is dead! / The mother is dead! / What will beccome of us now without her? / How shall we live? / But I will always carry you inside me, mother. / Mother, where are you?

(The Orchestra Conductor enters, calls for their attention, the musicians prepare to play. The music begins. From the back of the stage the Pretentious Orphaned Daughter enters walking slowly towards the front. She intones the Kaddish for the dead mother:)

 

Yisgadal, v'yiskadash sh'mei rabbaw (all: Amein)

B'allmaw dee v'raw chir'usei v'yamlich malchusei, v'yatzmach purkanei v'kareiv m'shichei (all: Amein)

B'chayeichon, uv'yomeichon, uv'chayei d'chol beis yisroel, ba'agawlaw

u'vizman kawriv, v'imru: Amein (all: Amein)

Y'hei sh'mei rabbaw m'vawrach l'allam u'l'allmei allmayaw.

Y'hei sh'mei rabbaw m'vawrach, l'allam u'l'allmei allmayaw.Yis'bawrach

v'yishtabach, v'yispaw'ar, v'yisromam, v'yis'nasei,

v'yis'hadar, v'yis'aleh, v'yis'halawl sh'mei d'kudshaw b'rich hu

L'aylaw min kol / L'aylaw ul'aylaw mikol / bir'chawsaw v'shirawsaw,

tush'b'chawsaw v'nechemawsaw, da'ami'rawn b'allmaw v'imru: Amein (all: Amein) Y'hei shlawmaw rabbaw min sh'mayaw, v'chayim tovim

awleinu v'al kol yisroel, v'imru: Amein (all: Amein)

Oseh shawlom bim'ro'mawv, hu b'rachamawv ya'aseh shawlom awleinu,

v'al kol yisroel v'imru: Amein (all: Amein)

Glorified and sanctified be God's great name throughout the world which He has created according to His will.

May He establish His kingdom in your lifetime and during your days, and within the life of the entire House of Israel, speedily and soon; and say, Amen.

May His great name be blessed forever and to all eternity. Blessed and praised, glorified and exalted, extolled and honored, adored and lauded be the name of the Holy One, blessed be He, beyond all the blessings and hymns, praises and consolations that are ever spoken in the world; and say, Amen.

May there be abundant peace from heaven, and life, for us and for all Israel; and say, Amen.

He who creates peace in His celestial heights, may He create peace for us and for all Israel; and say, Amen.
   

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