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Il violinista sul tetto - Rassegna stampa

 

Ovadia, canti yiddish per raccontare gli ebrei

di Alvise Sapori

La Repubblica - 24 novembre 2002

 

In scena all'Arena del Sole di Bologna "Il violinista sul tetto"...

 

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Il violinista sul tetto - Rassegna stampa

 

Ovadia, al confine fra cielo e terra

di Carlo Muscatello

Il Piccolo - 21 gennaio 2003

 

 "Il mio Tevjie, dinanzi a questo mondo, sarebbe stupido e incredulo".

 

(leggi jpg allegato)

   

 
 

Il violinista sul tetto - Rassegna stampa

 

Il violinista sul tetto

www.comunicati.net

 

Moni Ovadia, bravo attore, ottimo regista continua la sua lotta contro il cinismo dell’umanità facendoci conoscere un musical americano di grande successo... all’estero - “Il violinista sul tetto”, già celebre quadro del geniale artista ebreo Marc Chagall, poi storia dello scrittore ucraino Solomon J.Rabinowitz (che si firma Sholom Aleichem),diventa musical con l’adattamento teatrale di Joseph Stein, le musiche di Jerry Bock (che si ispira alle meodie Yiddish) e i testi delle canzoni di Sheldon Harnick, il 22 settembre 1964 con il titolo “The Fiddler on the Roof” all’Imperial Theatre di Broadway. Il successo è pieno tanto che le recite proseguono fino al 2 luglio 1972 con 3.242. repliche.
Con la direzione artistica di Marco Daverio (testimone cattolico di grande impegno umanitario), che ne ha fatto anche una precisa appassionata rievocazione storica nel programma di sala, il produtore Lorenzo Vitali e il regista, attore, cantante Moni Ovadia, l’artista che da anni in teatro e in libreria ci ha consentito la conoscenza illuminante della realtà ebraica, che per le generazioni di oggi è o il popolo guerriero di Israele o il popolo macellato dal Nazismo, “Il violinista sul tetto” è oggi un musical per il pubblico italiano.
Abbiamo assistito alla milanese al teatro Nuovo, alcune sere fa e ne siamo usciti di alcuni entusiasmi ed una perplessità.
Entusiasmo per il messaggio.
Quel pizzico di follia che illumina la vita e ci aiuta a non subire la globabilzzazione; la follia di chi sapendo suonare uno strumento, o facendo assai bene qualsiasi altra professione, preferisce farla a modo suo, magari pericolosamente, come su un tetto o in cima ad un albero, ma con il piacere dell’originalità e della realizzazione di se stesso.
Scrive nelle sue intelligenti note lo stesso Moni Ovadia “... ci sforzeremo con il nostro pubblico di metterci in viaggio per la conquista di quell’essere umano che da qualche parte si trova in ciascuno di noi. Non è detto che ci si riesca, ma almeno continuamo di mettere in crisi il cinismo che possiede noi uomini contemporanei ingozzati di confort”.
Entusiasmo per la confezione dello spettacolo.
Scene e luci di grandissima efficacia, esecuzione musicale altamente professionale, canti e danze con punte, specie per il balletto, da applausi a scena aperta.
Il cast, condotto per mano durante le prove dallo stesso Ovadia che ha plasmato ogni personaggio ad... “altissima definizione”, è da ovazione (Lee Colbert, Elena Sardi, Giada Lorusso, Federica Armillis, Daniela Terreri, Enrico Finck, Eyal Lerner, Roman Siwulak, Alessandro Bertollini, Massimo Marcer, Janos Hasur), ma una sottolineatura merita il basso russo Iljia Popov straordinario come attore, oltre che autorevole cantante. Nato al teatro italiano proprio nel Laboratoio Lirico Europeo del Rosetum di Milano, che gli ha consentito di farsi conoscere nell’ambiente musicale italiano e di trovare qui la propria giusta collocazione, Popov è una sorta di rivelazione per la pelle d’attore che ha saputo mettersi addosso.
La perplessità è sulla lunghezza del musical che, forse, poteva subire un’abbondante sforbiciata senza togliere nulla allo spettacolo. Un brodo più ristretto poteva addirittura essere più gustoso.
Troppi, tra il pubblico, se ne sono andati prima delle fine dello spettacolo che si è protratto oltre la mezzanotte, e cioè oltre la chiusura della metropolitana e la necessità di ritirarsi per chi tra mestieri e professioni al mattino non ha modo di ritardare la sveglia.
Culturalmente queste giustificazioni non reggono, ma questa è la cronaca e questo è il pubblico che va a teatro.
Non per questo la “disarmata e luminosa consapevolezza” di Tevjie, il protagonista del musical, si smarrirà, avendo come speranza di insegnare a molti la strada dei tetti, ma ben sapendo che tanti non ci vorranno neppure provare.
Un cattolico (Marco) e un ebreo (Moni) hanno realizzato questo spettacolo che impone una grantica realtà ecumenica: che bello possedere una religione e che meraviglia viverla senza fanatismi.


 
violinista_rassegnas © Photo: Federico e Maurizio Buscarino
 

Il violinista sul tetto - Rassegna stampa

E Broadway parla yiddish -(And Broadway speaks Yiddish)

by Alessandra Vitali

La Repubblica - 20 November 2002

BOLOGNA -

"Without the Torah, our lives would be as shaky as... as a fiddler on the roof!" In this metaphor of the fragility of man, balancing between heaven and earth, needy of a faith, we find the meaning of Fiddler on the Roof, considered to be one of the masterpieces of American musical theatre, and which Moni Ovadia brings to the stage as director and protagonist, restoring to the play the Yiddish character of its origins...

 

Il violinista sul tetto - (Fiddler on the Roof)

www.comunicati.net

Moni Ovadia, excellent actor, distinguished director, continues his battle against the cynicism of humanity by bringing to our attention an enormously successful American musical...

 

Ovadia, al confine fra cielo e terra - (Ovadia, between heaven and earth)

by Carlo Muscatello

Il Piccolo - 21 January, 2003

What on earth would Tevye the milkman think of this world of 2003, about to enter into another war?...

 

Ovadia, canti yiddish per raccontare gli ebrei - (Ovadia, Yiddish songs for a Jewish story)

by Alvise Sapori

La Repubblica - 24 november 2002

"Fiddler on the Roof" in a carefully polished edition, directed and performed by Moni Ovadia at Arena del Sole...

   

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