Fatti non foste a viver come bruti
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  La vita spesso si incarica di fare giustizia di pregiudizi e luoghi comuni, anche quelli più resistenti, dietro ai quali riteniamo di proteggere le nostre fragili certezze. Personalmente non avrei mai pensato, io ebreo cosmopolita, per nascita, straniero ed esule per vocazione, di diventare patriota italiano. Lo sfacelo identitario provocato dal Governo attualmente in carica mi ha fatto sentire l'impellente necessità di mettere anche le mie modeste forze al servizio della dignità del mio Paese. Ho dovuto ripetutamente partecipare alla difesa del nostro massimo patrimonio culturale, Dante Alighieri, a cui un ministro della nostra repubblica non concede neppure il ruolo di farcire i panini. Ieri, invitato all'università degli Studi di Milano in occasione di una mattinata di studi danteschi, ho voluto proporre una libera e non specialistica considerazione su un solo verso del Divin Poeta:" fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza". Con queste folgoranti parole messe in bocca al suo Odisseo, Dante scolpisce il senso della vita: un viaggio nel sapere coniugato con la passione etica, perché l'uno senza l'altra potrebbero imboccare pericolose derive. Con lo stesso spirito e con sguardo limpido i padri costituenti scolpirono il primo articolo della costituzione con quel memorabile incipit: "l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro". Aspettando il primo maggio ricordiamo a noi stessi che il lavoro in una democrazia ha lo scopo di perseguire virtute e conoscenza, non quello di "viver come bruti".

 

Moni Ovadia L'Unità - Voce d'Autore del 30/04/2011

   
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