Shylock - Rassegna stampa

 

«Il mio Mercante in prova tra mafia e traffico d'organi»

Moni Ovadia

Arena.it - 22 luglio Verona

 

Un personaggio «connotato e sfuggente» per uno spettacolo complesso e inquietante che si rifà al testo shakespeariano, ma lo scardina e ricostruisce per estrapolarne alcuni temi di universale attualità, come il rapporto tra l'uomo e il potere, la contaminazione tra Bene e Male, la condizione di «diverso» quale metafora di una «alterità» che è antropologicamente implicita, come una cisti dolorosa, nella storia dell'umanità e che si incarna nei secoli in contesti differenti e trova diversi «colpevoli» ma resta, nella sua essenza, emblema di quell'equivoco che la vita porta in sé, nel costante fraintendimento e scambio tra verità e menzogna. _È da questi presupposti che muove l'operazione di Moni Ovadia - artista bulgaro dalle mille sfaccettature: musicista, attore e scrittore - e Roberto Andò, che firmano a quattro mani ( ilo loro, d'altronde, è un sodalizio che funziona da anni) l'ideazione, la scrittura e la regia di Shylock: Il mercante di Venezia in prova, in scena in prima nazionale al Teatro Romano da questa sera (alle 21.15) sino a sabato, quale terzo e ultimo appuntamento con il Festival Shakespeariano dell'Estate Teatrale.__Moni Ovadia, il suo è un «Mercante in prova», un «Mercante» nel quale compaiono personaggi che non ci sono in Shakespeare, il regista e il mercante-trafficante. Perché questa invenzione?_Il nostro non è un Mercante di Venezia, ma una scrittura che si avvale di alcuni elementi centrali del testo di Shakespeare e che si muove intorno a quattro protagonisti: il regista (il mio ruolo), il mercante (Ruggero Cara, che fa anche la parte di Antonio), Shylock (Shel Saphiro) e l'infermiera (Lee Colbert), anche se intorno ci sono Porzia, il Doge e altri personaggi: ma il plot dello spettacolo sta nell'incontro tra un mercante dei nostri tempi, che si muove tra mafia internazionale e affarismo senza scrupoli e traffica in organi umani, e un regista ritirato da tempo dal lavoro che sogna da sempre di mettere in scena la vicenda di Shylock e dunque accetta la proposta del mercante, per quanto questi sia un personaggio inquietante e sospetto.__Nelle note di regia si legge che queste due figure, il mercante e il regista, sono speculari: in che senso?_Le loro due ossessioni sono speculari: il regista vorrebbe restituire a Shylock la libbra di carne che gli è stata tolta cinquecento anni fa, l'altro vorrebbe acquistare un nuovo «pezzo» nella sua collezione di organi, che alla fine è il cuore stesso del regista. E infatti in alcuni momenti dello spettacolo anche io, che interpreto il regista, divento Shylock, che peraltro è immaginato come una creatura agonizzante. In realtà, il regista è attratto da questo testo perché lo eccita la posta in gioco, la libbra di carne. La lettura che ne abbiamo dato vuole essere, in questo senso, fuori da qualsiasi pregiudizio. Shakespeare, con intuizione straordinaria, quasi luciferina, ha saputo inventare quel monologo ("Forse che un ebreo non mangia come gli altri esseri umani? Se ci pungete non sanguiniamo? Se ci fate il solletico non ridiamo? Se ci avvelenate non moriamo?") che rappresenta la condizione di privazione dei diritti del diverso di ogni tempo. Shakespeare non aveva mai visto un ebreo e nessun ebreo si riconoscerebbe in Shylock, tranne che per questo monologo, ma solo in quanto queste parole costituiscono il canto doloroso di qualsiasi uomo privato della sua umanità.__Il gioco metateatrale consente di riflettere, proprio dall'interno di questo meccanismo di scambio tra verità e menzogna, sul significato e sul ruolo del teatro. Il mercante che vuole "comprare" il regista è una metafora della mercificazione dell'arte?_C'è di più. Il mercante vuole comprare non l'arte del regista, ma il suo cuore. Dunque vuole mettere a tacere il teatro, cioè l'intelligenza, che riflette sul senso delle cose. È come un risentimento e una vendetta verso chi pensa. Che è quello che sta accadendo oggi in Italia, dove i tagli ai finanziamenti stanno uccidendo il teatro e, con la scusa di impiegare altrove i fondi, in azioni dal presunto maggior valore sociale, creano invece disoccupazione tra tutte quelle persone (operai, impiegati, facchini, trasportatori) che per e nel teatro lavorano.



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