Facce di bronzo da podio olimpico
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Facce di bronzo da podio olimpico

Aurora Lussana, direttrice della Padania e Matteo Salvini, segretario nazionale della Lega, sono davvero impareggiabili. Il lettore dell'Unità, verosimilmente schierato per il centro-sinistra, non me ne voglia, ma provo per i due sunnominati, un'irrefrenabile simpatia, perché assomigliano maledettamente a certi personaggi delle mie amatissime storielle ebraiche, come per esempio, quel giovane portato in tribunale per aver commesso gli orrendi crimini di matricidio e parricidio che, ascoltata la sua condanna alla pena capitale, protesta con i giudici per la sentenza, rivendicando di avere il diritto alle attenuanti per il fatto di essere diventato orfano. Questo tipo di storiella, rientra nella fattispecie dei "colmi" e nel repertorio dell'umorismo yiddish, è considerato il colmo della khutzpe, parola traducibile con l'espressione italiana la "faccia come il deretano". Il modo con cui i due inossidabili leghisti, e non solo loro, si arrampicano sugli specchi per negare l'intento razzista dell'ignobile campagna contro il Ministro per l'Immigrazione, signora Cecile Kyenge, potrebbe essere definito analogamente. Le motivazioni addotte sono francamente più spudorate e disarmanti di quanto non siano irritanti. Di fatto, con l'aria fra l'innocente, il risentito e l'indignato, ci prendono tutti per dei pirla, ma noi pirla non siamo. Sappiamo molto bene che il razzismo, sia nella sua forma esplicita, che in quelle ambigue e grossolanamente travestite, fa parte della sottocultura leghista in modo organico. Se così non fosse, quando l'autorevole esponente della lega Roberto Calderoli ha pensato di fare lo spiritoso usando il paragone dell'orango e quando certi militanti si sono dati al penoso sport del lancio delle banane, la direttrice Lussana avrebbe chiesto al segretario in pectore Salvini di scrivere un fondo per la Padania dal titolo: "Fuori i razzisti dalla Lega!". Figuriamoci! Ora, forse, Aurora Lussana, Matteo Salvini e Roberto Calderoli non sono realmente razzisti, forse non lo è neppure il pittoresco e furente Mario Borghezio, ma se non sono razzisti, di certo, fanno i razzisti per non perdere lo zoccolo duro dei loro elettori residuali che si sentono confortati dal sentirsi superiori a qualcuno, o, che si ritengono defraudati del loro diritto alla priorità e al privilegio. Fare i razzisti però è peggio che esserlo, significa sobillare e sfruttare per basse ragioni strumentali, certe debolezze umane situate nelle aree più fragili ed instabili della psiche umana. Perché non darsi invece al cabaret televisivo in qualche Tv Padana con una trasmissione dal titolo "Qui lo dico e qui lo nego!" facendo una sera i razzisti e la sera dopo quelli che...noi mai stati razzisti?
Il successo sarebbe assicurato senza il bisogno di prendere per i fondelli i cittadini.



 

Moni Ovadia L'Unità - Voce d'Autore del 18/01/2014

 

 

   
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