Votare? Perché? Per chi?
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  I numerosi programmi televisivi di "approfondimento" che trattano i temi della politica con esponenti dei partiti, giornalisti e opinionisti, ormai da molti anni ripetono con esasperante monotonia senza costrutto gli stessi argomenti e, anche quelli che hanno l'apparenza della novità, sono di fatto vetusti. Alcuni temi tormentone come lo spread, sono sospinti in secondo e terzo piano e salgono alla ribalta il congresso del Pd, la retorica del lavoro dei giovani o l'ennesimo maquillage da vecchia cocotte di Berlusconi. L'impressione che si trae dal profluvio delle chiacchere, è che più si parla e meno succede, non perché non capiti qualche volta di sentire ragionamenti intelligenti, ma perché il meccanismo stesso è un cul de sac.
Dalla pletora ripetitiva delle questioni messe in campo, ogni tanto, ciclicamente, emerge quasi motu proprio, come un grido di allarme, il distacco dei cittadini dalla "politica". La percentuale dei cittadini che non votano, cresce drammaticamente di elezione in elezione. Se quei cittadini si organizzassero in partito, conquisterebbero la maggioranza relativa. Le ragioni addotte per spiegare il fenomeno sono note, ma, alla loro lista, per quanto mi è dato di ascoltare, manca quella più grave: la sensazione sempre più fondata che il voto sia diventato già irrilevante. I due successivi governi di salute nazionale, di "servizo al paese", i "governi del Presidente", sono stati decisi a prescindere dal voto degli elettori e i partiti che oggi sostengono il governo Letta, hanno richiamato in carica un Presidente col mandato scaduto, con la scusa della "responsabilità nazionale", foglia di fico che copre la mancata assunzione delle vere responsabilità e permette di aggirare le regole democratiche. Il Pdl è nato e continua a vivere sull'elusione dell'idea di regole e di democrazia, visto che è il partito di un padrone che affida il proprio futuro alle sue abilità di prestidigitatore e di negromante. Adesso vuole anche resuscitare il suo primo travestimento e conta sull'elettorato superstizioso. Il Pd sopravvive per grazia ricevuta, quella dei suoi magnifici elettori, che lo votano mossi da un mix di fede commovente e di sconsolata rassegnazione, perché non condividono nessuna delle sue non scelte. Quanto alle opposizioni, la Lega ha giocato la sua partita, corna da vichinghi, boccetta del Po e fazzolettini verdi e ha perso e senza il Bossi dei bei tempi, sono solo penoso folclore. I Cinque Stelle hanno grandissimi meriti, ma quegli stessi meriti generosamente mal orientati, li paralizzano: il paese bisogna governarlo tutto. La mia amata sinistra non riesce ad uscire dalla sua colpevole minorità, neppure in tempi di gravissima crisi sociale. Rebus sic stantibus, il voto non conta e la democrazia muore.

Moni Ovadia


 

 

   
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