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Il sorriso perseguitato

Prefazione al libro “Riso Kosher” - Editore Sagoma

L’epopea degli ebrei nel suo complesso rappresenta un paradosso che sfida per

i suoi esiti il senso comune della Storia, ammesso che ve ne sia uno, e ogni suo capitolo sorprende e sconcerta anche se le sue ragioni sono tracciabili. La vicenda della comicità ebraico-statunitense è un episodio dell’avventura sociale e culturale di particolare fascino e interesse perché mostra come i tratti specifici di una minoranza e, nella fattispecie, una minoranza gravata da violenti pregiudizi secolari, perseguitata e percepita nel segno di una radicale devianza dalla norma, possa tuttavia influire in modo decisivo sulla nazione che la accoglie, sui suoi cittadini, al punto da diventare senso comune, da incidere sulle forme del pensiero, sulle percezioni e sulla loro stessa visione del mondo. Quando poi quella nazione, gli Stati Uniti d’America è la più potente del mondo, quella che da la “linea” a vaste aree del pianeta, l’influenza varca i confini per irradiare in altri orizzonti, in particolare quello europeo. Lo stereotipo che ha accompagnato l’ebreo nell’Occidente civilizzato lo voleva eccellere in tutto ciò che atteneva alla sfera del danaro - il luogo comune resiste ancora - ma la vera eccellenza ebraica, appena le è stato consentito di esprimersi, si è manifestata in tutte le forme della cultura e del sapere. Negli Stati Uniti l’intera temperie culturale del Novecento  è stata fortemente influenzata dalla minoranza ebraica in generale, ma per ciò che attiene al mondo dello spettacolo e ancor di più a tutte le forme del comico e dell’umoristico la vastita della presenza ebraica ha dell’inverosimile e persino del miracoloso. La popolazione ebraica statunitense non ha mai superato la percentuale del 3%, i comici professionisti sono ebrei all’80%. L’umorismo nel mondo ebraico ( ma non solo nel mondo ebraico ) è sempre stato ben di più e ben altro che un modo per divertirsi e ridere, è stato una Weltanschauung, una filosofia, strumento ermeneutico e una delle forme del pensiero sociale che ha permesso agli ebrei di attraversare i momenti più tragici della loro esistenza senza che la loro identità ne venisse demolita. Il tratto saliente dell’umorismo e della comicità ebraica è l’autodelazione, il ridere di se stessi, dei propri guai, delle proprie angosce e paure anche sul limitare dell’abisso o della tomba, mai cedendo alla logica della volgarità o della violenza. Questa attitudine nata dalla dalla convergenza di tre particolari condizioni esistenziali: esilio, sradicamento, persecuzione, difficili ma foriere di eccezionali sollecitazioni, era divenuta una seconda natura e fu un passepartout per l’accesso in una società in piena  dinamica trasformazione ricca di orizzonti e prospettive che inaugurava nuovi e dirompenti strumenti di comunicazione come radio, cinema, televisione, dischi. La prima società di massa, la prima società dello spettacolo, il primo e gigantesco melting pot con tutte le sue angosce, le insicurezze,  le esplosive contraddizioni aveva bisogno vitale di qualcuno che esorcizzasse i conflitti, le intolleranze, le violenze incendiarie per farle deflagrare nelle risate invece che nelle aggressioni. I comici e gli umoristi ebrei offrirono come “vittime” sacrificali dei loro micidiali strali se stessi e i buffi e sgangherati tipi tragicomici della loro gente con i guai e le disavventure che ne scandivano l’esistenza,  progressivamente insegnarono alla società statunitense, minoranze e maggioranze, a ridere di se stessa contribuendo  così a creare un territorio culturale ed esistenziale comune. I nomi di questi “eroi” della comicità sono troppo noti perché si debba elencarli, fanno parte della topografia sociale e culturale degli  Stati Uniti, ma anche di quella di tutto l’Occidente, il loro spirito è entrato anche nel paesaggio interiore di tutti noi e, in qualche misura, ha contribuito a formarci. Questo superbo saggio di Lawrence J. Epstain,

Il riso kosher, titolo originale The haunted smile narra l’epopea dei comici ebrei-statunitensi con ampiezza e profondità scientifica ma anche con passione narrativa e oggi Sagoma editore mettendolo a disposizione del pubblico italiano fa insieme al proprio mestiere opera meritoria, perché l’Italia che fu terra di emigrazione sta sempre più diventando una società multietnica e deve scacciare da sé  ogni tentazione di intolleranza per aprirsi all’accoglienza e alla solidarietà. Non c’è via più salvifica e più bella all’accoglienza di quella di un robusto umorismo autodelatorio.

Moni Ovadia


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