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Stalin il sionista

Libro dal titolo apparentemente provocatorio “perché Stalin creò lo Stato d’Israele” del giornalista storico e scrittore Victor Mlecin è un’opera preziosa

e quanto mai necessaria in quest’epoca confusa che rigurgita di una marea

di falsa coscienza di ritorno. La fine delle ideologie più e più volte annunciata dagli apologeti del pragmatismo senza principi,

è stata una delle grandi bufale post sovietiche perché proprio nel contesto culturale della “fine delle ideologie” e della “fine della storia” ha prosperato l’ideologia estrema del cosidetto liberismo fondato sulla fede nell’infallibilità

del “libero”mercato. Gli stalinisti del “mercatismo”, per usare un termine caro ai dissociati ma non pentiti, hanno imperversato con le loro fottole iperideologiche al fine di mascherare la natura banditesca e fomentatrice di ripugnanti sperequazioni e privilegi del turbocapitalismo che con l’ultima devastante crisi ha fatto bancarotta fraudolenta per poi mettersi in fila, cappello alla mano, davanti alla pia istituzione dell’assistenza statale. In Italia, l’altra delle ideologie post-ideologiche che continua ad imperversare è l’anticomunismo senza comunisti che, mutatis mutandis, assomiglia all’antisemitismo senza ebrei di certe realtà dell’ex blocco sovietico. L’anticomunismo prospera e alligna non tanto negli ambiti della storiografia rigorosa, ma piuttosto nei salotti televisivi fra veline, tuttologi, giornalisti all’arrembaggio di facili consensi, conduttori conpiacenti e fra fiumane di pseudoverità strumentali e di servilismo a piacere.

In questo quadro desolante il libro di Mlecin scritto in uno stile divulgativo e chiaro ma fondato su una ricca, rigorosa ed aggiornata documentazione grazie all’ultima apertura degli archivi sovietici, è importante non solo perché permette al lettore italiano di accedere ad un capitolo della storia del Novecento tragica

ed affascinate pressochè sconosciuto nel nostro paese, ma anche di smontare stereotipi propagandistici non solo e non tanto   riguardo a Stalin quanto riguardo ad Israele ed alla sua travagliata costituzione come nazione nel contesto della legalità internazionale. A scanso di equivoci e per risparmiare ai lettori della stampa nazionale gli eventuali furori dei revisionisti viscerali ed acrimoniosi, il saggio di Mlecin non mira né ad attenuare né a sottacere i crimini di Stalin o le sue gravissime responsabilità, ma ha lo scopo di illuminare una verità inconfutabile: senza l’Unione Sovietica guidata da Stalin probabilmente lo Stato d’Israele non avrebbe visto la luce, o la sua gestazione sarebbe stata molto più tragica e chissà con quali costi. Questo fatto fu sostenuto  dalle opinioni autorevoli di Golda Meir, che fu ambasciatrice in URSS e in seguito primo ministro di Israele che ebbe a dire:” probabilmente senza il loro aiuto non ce l’avremmo mai fatta” e di Abba Eban anch’egli padre fondatore dello stato sionista e successivamente suo ministro degli esteri e primo ministro che dichiarò “L’URSS fu l’unica grande potenza che ci sostenne” . La prima  si riferiva al fatto che fu Stalin a fornire agli ebrei della Palestina mandataria le armi leggere e pesanti compresi gli aerei militari, attraverso la Cecoslovacchia per aggirare il blocco alla fornitura di armi alle forze sioniste decretato dagli inglesi e sostenuto dagli Stati Uniti. Quelle armi permisero ai combattenti delle neonate formazioni israeliane, Haganah e Palmach, non solo di combattere gli inglesi, ma anche di respingere l’attacco della legione araba massicciamente armata dai britannici , dopo la proclamaziobne dello Stato. Anche in occasione del voto all’Onu per la risoluzione 181 che dette la sanzione del diritto internazionale allo Stato d’Israele, fu soprattutto l’immediato e deciso appoggio di Stalin,  e di tutto il “blocco comunista” a garantire la maggioranza con cui passò. L’analisi di Mlecin non si ferma ai pochi ma cruciali anni dell’idilio israelo-sovietico, grosso modo fra il ’44 e il ‘ 49, ma da ampiamente conto della spaventosa e capillare campagna antisemita che Stalin negli anni immediatamente seguenti e fino alla sua morte avvenuta nel marzo 1953 scatenò contro gli ebrei sovietici prendendo a pretesto il cosiddetto “complotto dei medici del Cremlino”, in grande maggioranza ebrei e accusati di avere avvelenato alti dirigenti del partito progettando persino l’avvelenamento di Stalin stesso. Il terribile dittatore georgiano fu antisemita? Difficile rispondere univocamente a questa domanda. All’epoca in cui era commissario alle nazionalità Stalin aveva scritto:”l’antisemitismo è l’eredità più pericolosa del cannibalismo”, molti suoi collaboratori stretti furono ebrei e stalinisti di stretta osservanza. Aveva nel frattempo cambiato idea così radicalmente? Io sono propenso a credere che l’improvvisa inversione di rotta tipica del suo comportamento fosse piuttosto dovuta al timore che il legame stretto e profondo fra uno stato ebraico e gli ebrei sovietici avrebbe potuto creare problemi al suo potere assoluto e di conseguenza colpì gli ebrei in quanto tali senza distinzioni come aveva fatto con altri gruppi e minoranze. Il volume di Mlecin ha davvero molteplici meriti per le anlisi che propone, le informazioni rigorose che da e le domande che pone. Ma a mio parere il suo merito maggiore è quello di mettere in scacco gli ideologismi che ancora ammorbano il nostro panorama politico culturale, sia quello dei revisionisti reazionari da boudoir televisivo, sia quello di segno opposto dei duri e puri di sinistra tutti slogan e niente sapere critico a cui fa comodo pensare che lo Stato di Israele fu un figlio del imperialismo statunitense, ignorando il fatto che negli anni della nascita dello Stato ebraico negli Usa infuriava il maccarthismo, nota come caccia alle streghe comuniste, ma in realtà anche una furiosa e ben orchetrata campagna antisemita. Le vittime del maccarthismo furono in soverchia maggioranza ebrei e mezzi ebrei. Nel Dipartimento di Stato e nei circoli del potere politico-economico in quegli anni era diffusissima l’equazione: ebreo/sionista = comunista. “Perché Stalin creò lo Stato D’Israele” offre la preziosa ad ogni lettore oppotunità di affrontare con lo sguardo della contraddittoria complessita gli accadimenti storici che ancora influenzano il dibattito politico-culturale.

Moni Ovadia

 

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