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Delfi - Storia

Delfi si ispira a un testo del poeta greco Ritsos che descrive l’amarezza di un moderno cicerone per l’insensibilità dei turisti che visitano le divine bellezze di Delfi. Un solo attore-cicerone (Moni Ovadia) recita il suo monologo tra i calchi dell’olimpo scultoreo, ma la scena è buia e visibile al pubblico solo attraverso due grandi monitor collocati in proscenio come due grandi occhi artificiali, collegati allo sguardo epifanico delle telecamere a raggi infrarossi che “vedono” al buio. La telecamera a raggi infrarossi, creata per scopi scientifici e militari, diventa qui pregnante metafora di una facoltà visionaria in grado di bucare la cecità dello sguardo massificato dai media e dal turismo organizzato, illuminando il buio di una vista ordinaria che consuma senza apprendere.

   
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