Tevije un Mir - Rassegna stampa

TEATRO STREHLER / Moni Ovadia porta in scena le disavventure di Tevjie, «Don Chisciotte» yiddish. Epopea di un lattivendolo
Una compagnia imponente per un grande affresco sociale intriso di autoironia

di Cannella Claudia

Corriere della Sera - 30 aprile 2001

 

Pubblicati prima a puntate sui giornali yiddish-russi di fine ‘ 800 e poi raccolti in volume, i monologhi di «Tevjie il lattivendolo» sono considerati il testo più importante della cultura yiddish contemporanea e, oltre Oceano, hanno già prodotto un musical e un film («Il violinista sul tetto» di Norman Jewison). Il protagonista, che nell’ artificio letterario confidava le sue disavventure allo stesso autore, lo scrittore di formazione rabbinica Shalom Alechem, è un uomo mansueto e fervente, ma mai fanatico, sempre più innamorato della vita che delle tradizioni. Subisce, un po’ come Giobbe (nella letteratura «gentile» lo hanno paragonato a Don Chisciotte e a Bertoldo), vicende anche molto dolorose, alle quali però risponde sempre con un bonario spirito polemico che lo porta a dialogare con tutti, dall’ Eterno alla fedele cavalla zoppa che lo accompagna nel suo lavoro ambulante. Nello spettacolo «Tevjie un mir», che Moni Ovadia ha liberamente tratto dal testo di Alechem, si racconta di una compagnia che sta per mettere in scena quel testo, quando, attraverso una sorta di possessione che prende uno dei musicisti, un pupazzo comincia a parlare. È Tevjie e ognuno cerca di fargli capire perché si trova lì e sta interpretando quel ruolo. «Io metto in scena - spiega Ovadia - non tanto la storia di Tevjie quanto la relazione tra una compagnia di teatranti e il significato che questo mondo ha per noi. La cultura yiddish è stata annientata nel giro di 3-4 anni dalla Shoah e quella che è sopravvissuta si dedica alla nostalgia. In questo spettacolo vorrei cercare di dimostrare che solo chi non cade nella trappola della nostalgia può dare una chance di vita futura a questa cultura». In scena con Ovadia, che è anche regista e protagonista, una compagnia imponente: 12 musicisti (tra i quali il celebre violinista Pavel Vernikov), attori di consolidata esperienza (Olek Mincer, Elena Sardi, Lee Colbert, Ivo Bucciarelli) e «nuovi acquisti» (Enrico Fink ed Enrica Barel). Ognuno di loro è dotato di un doppio-pupazzo (piccolo omaggio alla lezione kantoriana) e «tutti - prosegue Ovadia - sono impegnati in una recitazione senza psicologismi o naturalismi, con uno sguardo semmai alla Commedia dell’ Arte o alla commedia di carattere, tra musiche, danze e canzoni tratte dalla tradizione klezmer e dalla commedia musicale yiddish, ma con tutte le parti in lingua ovviamente sottotitolate». La concreta e brontolona moglie Golde, sette figlie da maritare, una sfilza pittoresca di potenziali generi, il sarto, il macellaio vedovo e tanti altri personaggi che popolano la vita dello shetl (il villaggio ebraico dell’ Europa Orientale) danno forma al grande affresco sociale dipinto da Alechem e intriso di quell’ umorismo autoironico che continua a far sentire riconoscibili influssi (Saul Bellow, Philip Roth, Woody Allen) ormai oltre i confini della sua originaria «yiddishkeit». Claudia Cannella TEVJIE UN MIR, al Teatro Strehler, largo Greppi 2, Milano, ore 20.30, festivi ore 16, dal 2 al 13 maggio, biglietti lire 50-40 mila, tel. 02.72.333.222,


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