Bella_Utopia-note © Photo: Andrea Sacchi K.S.
 

La bella utopia - Note d'autore

La “bella utopia” è un titolo dolorosamente ironico per evocare quella che fu la più epica utopia di redenzione mai concepita  dell’essere umano nell’autonomia del proprio cammino verso sé  stesso, senza fare appello al trascendente: il comunismo. Quel sogno mobilitò l’impegno generoso, le energie titaniche e i sacrifici altruisti di milioni di donne e uomini su tutto il pianeta.

 

I comunisti furono motore di lotte eroiche per il riscatto degli umili e degli oppressi, per la liberazione dei popoli e l’emancipazione delle minoranze perseguitate. Ma, eletto a sistema statuale, il comunismo si trasformò nell’incubo di quel sogno, fece sorgere il sole dell’avvenire su albe tragiche di tirannia, di inganno burocratico fondato sulla propaganda della retorica menzognera e nelle epoche più buie divenne paradigma di violenza concentrazionaria e ferocia sanguinaria. Tradì crudelmente coloro che avevano sperato nel suo avvento e divorò i propri figli più leali, quei comunisti autentici che avevano votato le proprie forze migliori e persino il senso della propria esistenza a quel ideale luminoso.

La bella utopia” è uno spettacolo di canzoni, musiche, memorie, tracce poetiche, confessioni, icone, immagini che schizzano la memoria di quell’Atlantide che fu l’Unione Sovietica, un Atlantide popolata da donne e uomini che in quel tempo e in quello spazio vissero, morirono, amarono, soffrirono , gioirono e sperarono.

 

Uomini e donne, persone vive e pulsanti, non robot e burocrati come un frettoloso, becero e vile revisionismo televisivo vorrebbe far credere.

La bella utopia” si propone, nei suoi limiti di rappresentazione scenica, di restituire profondità e dignità agli esseri umani, comunisti e non, che ebbero la sorte di nascere ed esistere nelle Russie Sovietiche. La chiave di interpretazione de “La bella utopia” è quella urticante del umorismo ebraico, un umorismo paradossale e critico che permette di guardare dritto negli occhi  della Medusa senza rimanere pietrificati. Ma la lettura “ebraica” ha anche un senso tragico.

Gli ebrei russi, sia come intellighenzia che come proletariato svolsero un ruolo di primissimo piano nelle rivoluzioni russe, sia in quella fallita del 1905, sia in

quella vittoriosa del ‘17. Gli antisemiti anticomunisti, i fascisti e i nazisti di ogni risma videro negli ebrei tout court gli untori di ogni processo rivoluzionario comunista, ma gli ebrei comunisti furono fra le vittime dello stalinismo i più atrocemente traditi. L’Unione sovietica era stato il primo, fra tutti i paesi del mondo, a dichiarare l’antisemitismo crimine contro lo stato, ma Stalin negli ultimi anni della sua dittatura, alla fine degli anni ’40, scatenò una vera e propria campagna antisemita che culminò con il progetto di deportare tutti gli ebrei nel Birobigian, un territorio ai confini con la Cina, un vasto gulag cinicamente travestito da repubblica sovietica ebraica.

Non bisogna comunque dimenticare che molti di coloro fra gli ebrei che aderirono all’ideale comunista lo  fecero anche  perché l’idea di una società fondata sulla giustizia sociale, di uomini liberi, non sfruttati ugualmente degni e fratelli è l’essenza del messianesimo ebraico.

   
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