Yiddish_COP
 

La nazione europea dell'esilio

L'opera di Paul Kriwaczek "Yiddish Civilisation" L'ascesa e la caduta di una nazione dimenticata rappresenta un importante punto di svolta e in buona misura una pietra miliare negli studi sulla yiddishkeit, ovvero su quella umanità straordinaria che si espresse nella lingua yiddish e sulla spiritualità, la cultura e i modi di vita che la animarono. Gli ebrei dell'Europa centro-orientale seppero costruire un capolavoro ineguagliato: una nazione e un popolo dell'esilio, fra i confini, oltre i confini,a cavallo dei confini, una nazione non vincolata ad uno specifico territorio, né a vocazioni nazionaliste con il loro tristo bagaglio di eserciti, guerre, conquiste, eppure nazione e popolo in tutto e per tutto, con lingua, cultura, letteratura, tradizioni, organizzazioni, scuole amministrazione, nazione e popolo che si riconobbero interiormente in quanto tali. Tutto questo era già noto. Numerosi saggi, romanzi, articoli, studi hanno indagato questo mondo nelle sue articolazioni e nelle sue diverse specificità, da quella spirituale religiosa a quella socio-politica, da quella letteraria a quella umoristica, da quella tragica a quella lirico-poetica. L'abissale e immane voragine della distruzione degli ebrei d'Europa - il 90% dei quali appartenenti al ostjudentum, gli ebrei centro-orientali che abitarono, crearono ed animarono la yiddishkeit - ha condizionato e orientato la quasi totalità degli studi su quel mondo e ha finito col mettere in secondo piano gli aspetti vitali costitutivi di quella specifica umanità, ha sottostimato le sue relazioni proficue con il mondo circostante dell'Europa slava, cristiana e cattolica. Kriwaczek dimostra con originalità e un piglio non accademico che la nazione dello yiddish non fu e non è solo patrimonio dell'ebraismo tour court, ma fu nel senso più stretto parte vitale e pulsante del corpo europeo e dei suoi destini. A seguito dell'emigrazione dalle grandi Russie e dalla Mitteleuropa verso le Americhe ed in particolare verso gli Stati Uniti di milioni di ebrei, sospinti ad abbandonare i luoghi in cui avevano  soggiornato per secoli dalle persecuzioni zariste, dall'antisemitismo fascista e dalle dure condizioni di esistenza, l'humus dello yiddish ha impollinato di sé tutto l'Occidente. Ma c'è una ricaduta ancora più dirompente nella visione di questo studioso-narratore, essa mette in evidenza un aspetto finora sottaciuto e apre un inedito orizzonte a futuri studi ma, soprattutto, inaugura una nuova consapevolezza in merito al senso di quella sconvolgente eredità e chiama gli europei ad un nuova responsabilità verso le proprie radici passate e la propria identità presente e futura. Non è richiamandosi a generiche fondazioni giudaico-cristiane che l'Europa unita troverà la propria anima. Le culture e le fonti che hanno irrigato le fibre intime di noi cittadini del vecchio continente sono molteplici: quella greca e quella ellenistica,quella cattolica e quella arabo mussulmana, quella cristiano protestante e quella cristiana ortodossa, quella laica liberale, quella rivoluzionaria socialista e quella riformista. Fonte cruciale e preziosa ancorché minoritaria è stata ed è quella ebraica, sia nella sua linea ispano- sefardita che nella gemmazione della nazione yiddish. Quest'ultima ha avuto e conserva un'importanza strategica per l'intero modo occidentale, basti pensare al suo ruolo negli Stati Uniti e, per ciò che la nazione più potente del pianeta rappresenta nei processi di globalizzazione, la sua influenza socio-culturale, pur se pur se segnata da una progressiva diluizione, si riverbera nella cultura di tutto il pianeta. La futura Europa se non vuole crescere e morire come pura entità economico-merceologica deve farsi carico della variegata e molteplice ricchezza delle sue energie,  maggioritarie e di minoranza, centrali e periferiche, alluvionali ed interstiziali, non per mettere un fiore all'occhiello dei suoi politici, ma per fare prosperare un continente di pace e di accoglienza. Personalmente ho dedicato gran parte della mia vita, delle mie forze e della mia ricerca spirituale alla yiddishkeit. Nel quadro dei miei limiti sono riuscito a creare nel mio paese, l'Italia, e  per suo tramite nella mia nazione, l'Europa, una piccola utopia teatral-musicale che, contro tutte le previsioni, ha riscosso un inaspettato e prolungato successo. Mi hanno spesso chiesto come mi spiegassi la misura del consenso che ero riuscito a conquistarmi. Il mirabile lavoro di Paul Kriwaczek è la migliore delle risposte a questi interrogativi e a molti altri. Lo raccomando con tutto il cuore a coloro che vogliono entrare in relazione con le iridescenze più "celate" della nostra intimità occidentale, con i recessi più splendenti del luogo che abitiamo  e del nostro animo profondo tramortito dal marasma della volgarità.

 

 

Moni Ovadia

 



facebook © 2011 OYLEM GOYLEM TUTTI I DIRITTI RISERVATI   |   P.IVA 13071690153   |   cookies policy

 

Utilizziamo cookies tecnici e di Analytics (anonimi) per rendere il nostro sito fruibile e funzionale