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Un nome, una storia

I nomi ebraici si riconoscono quasi sempre, hanno attraversato cento popoli eppure hanno qualcosa di specifico, di unico. Raccontano di provenienze, di stati di censo, di imposizioni, di vessazioni oppure di libere scelte. Amalia Navarro è un insieme anagrafico e  intimo che definisce una persona e la sua identità. Questo insieme  è composto di un nome dolce ed innocuo, ma di un cognome, Navarro,  irrimediabilmente ebraico, pericoloso per qualcuno nato nel nostro paese prima del 1945. Ci costringe a ripensare all’ossessione nazista per l’individuazione maniacale del nemico giudeo. Lei c’era inesorabilmente nell’elenco di quei maledetti sbirri assetati di sangue. Nell’Europa invasa dai tedeschi quell' accoppiamento melodioso di nome italico e cognome semita era il passaporto per l’inferno. L’inferno Amalia lo ha attraversato tutto. Se lo ricorda nei dettagli, chissà quante volte lo avrà rivissuto nei suoi incubi notturni, ma anche nelle sue veglie diurne. Nessuno di noi cresciuti e vissuti nel calore di una vita felicemente normale con il confortevole assillo di quelli che ci ostiniamo a chiamare problemi, potrà capire l’inaudito dolore di un essere umano che fu nei lager. Ci viene donato con gratuità il racconto di quel dolore, ripercorso con il coraggio e la dignità della più alta testimonianza. Amalia Navarro con la narrazione di ogni suo ricordo dal più morbido al più atroce incide nel libro della memoria lettere di un’altra lingua ebraica che consente l’accesso all’ermeneutica del dolore, per onorare il memorabile precetto biblico: ne parlerai!

 Moni Ovadia

 

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