Il voto, la democrazia
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  L'Italia si sta avviando ad una stagione elettorale densa e caotica che vedrà un gran numero di cittadini andare al voto per le primarie di centrosinistra e centrodestra. Poi, successivamente, nel giro di tre o quattro mesi, un numero ancora più grande di elettori dovrebbe recarsi alle urne per eleggere il governo nazionale e quello di alcune importanti regioni. Ma coloro che non volendo rimpinguare la nutrita schiera dei non votanti e, malgrado i ripetuti disastri della politique politicienne insisteranno nell'esercitare il diritto/dovere pilastro della democrazia mettendo la scheda nell'urna, cosa sceglieranno in realtà e, soprattutto, cosa saranno in grado di scegliere? Alcuni acuti analisti dello scenario politico nostrano, sostengono che gli italiani "sceglieranno" il governo Monti bis perché non ci saranno alternative, perché il centrodestra e il centrocentro in combutta con la Lega, rabberceranno una legge elettorale peggio del porcellum, dove i candidati continueranno a controllarli e a deciderli loro e via dicendo. Il problema, a mio parere, non è il voto ma è la democrazia e i due termini non sono più correlati neppure in un sistema rappresentativo. La domanda che si pone è se ha ancora senso parlare di democrazia autentica in una sola nazione? Io non lo credo. Il grande economista premio Nobel Joseph Stigliz, recentemente, in occasione delle ultime elezioni statunitensi, ha scritto sulle pagine di Repubblica: "La comunità internazionale ha enormi interessi diretti nell'esito delle elezioni americane. Purtroppo, la maggior parte di coloro che ne subiranno le conseguenze – quasi tutto il mondo – non ha la possibilità di influire sul risultato."

 

Dunque la nostra sorte dipende dalle politiche economiche e monetarie statunitensi, dall'arbitrio della finanza internazionale senza controllo e dalla famosa trojka che ha massacrato la Grecia e, bene o male, ha dettato l'agenda a Mario Monti con le conseguenze recessive che sperimentiamo sulle nostre carni "addolcite" dal frustrante conforto della ritrovata credibilità internazionale. Nel frattempo, i talentoni dell' FMI hanno riconosciuto che le politiche suggerite anche da loro, conducono ciononostante alla micidiale recessione ma questo non li scoraggerà dal riproporre le loro infallibili ricette alla prossima occasione. In questo contesto internazionale, per chi andiamo a votare? Per un governo che dirigerà un traffico periferico pianificato o cortocircuitato da altri nei veri centri del potere. Per avere una chance di ritrovare la democrazia, dovremmo deciderci a creare gli Stati Uniti d'Europa. Non sarà facile ma almeno cominciamo a raccontare ai cittadini una verità sensata.

Moni Ovadia - L'Unità  -  10/11/2012

 

 

 

 

   
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