Mastrogiovanni e noi
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  Il 4 agosto del 2009 morì, nel reparto psichiatrico del nosocomio di Vallo di Lucania, il maestro elementare Francesco Mastrogiovanni. La morte fu causata dalla permanenza in un lettino di contenzione per ottantadue ore, senza cibo né acqua. La contenzione era stata decisa a seguito di un trattamento sanitario obbligatorio malgrado non sussistessero le gravi ragioni che potessero giustificare un simile provvedimento nei confronti di un uomo che non aveva mai manifestato comportamenti pericolosi. La spaventosa agonia e la morte di Mastrogiovanni sono avvenute in presenza di 18 persone, medici e infermieri, il cui ruolo sarebbe quello di assistere e curare gli ammalati. Mastrogiovanni ha vissuto per 82 ore, un'atroce tortura che lo ha portato alla morte sotto lo sguardo di quei 18 uomini e sotto quello di una telecamera che riportava in un monitor, le terribili immagini di un innocente martirizzato senza colpa. Due giorni fa, a più di tre anni di distanza, 6 di quei 18 uomini, i medici, sono stati condannati a pene fra i 2 e i 4 anni di detenzione per omicidio, colposo, sequestro di persona e falso ideologico. I 12 infermieri sono stati assolti. Non è mia intenzione commentare l'aspetto giuridico dell'accadimento, per questo ci sono i giudici e i giuristi. Per parte mia, vorrei richiamare l'attenzione dei lettori sull'aspetto umano di questo raccapricciante episodio: 18 uomini, anche i non processualmente colpevoli, non hanno trovato in sé il più elementare senso di solidarietà nei confronti di un sofferente, non gli hanno riconosciuto il sacrale statuto di dignità di cui ogni essere umano ha l'inviolabile titolarità, tanto più quando dipende dalla responsabilità altrui. Potremmo placare il senso di orrore che ci pervade, pensando che si tratta di 18 persone patologicamente sadiche ma sappiamo che non può essere così. Una simile coincidenza è statisticamente del tutto improbabile, se non impossibile. No! Questo comportamento è figlio di una sottocultura dell'assoluto disprezzo per le alterità non dissimile da quella dei nazisti. Matrogiovanni, in quella condizione di sottrazione della sua dignità fisica e psichica, non è stato più visto come un essere umano, probabilmente anche perché era notoriamente un anarchico. Ai suoi 18 aguzzini, magari tutti ottimi padri di famiglia, è parso del tutto lecito ignorarne le sofferenze. Tutto ciò è accaduto a Vallo di Lucania, ma nessuno si illuda di essere al sicuro perché abita altrove, poteva accadere dovunque perché l'ideologia del disprezzo dell'altro in quanto appartenente a minoranze, in quanto malato, disabile, omosessuale o donna, alberga ovunque. Nessuno si illuda. Il calvario di Mastrogiovanni può toccare a ciascuno di noi. Tutti noi, nell'occorrere di imprevedibili circostanze, possiamo diventare "altri" e "minori".

Moni Ovadia - L'Unità  -  03/11/2012

 

 

 

 

   
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