Cultura? No grazie, siamo italiani
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  Il trionfo del film francese "The Artist" ai premi Oscar, ha focalizzato l'attenzione dei media sull'industria cinematografica e culturale del nostro vicino d'oltralpe. Da noi giovedì scorso, il quotidiano La Repubblica, ha dedicato una pagina doppia all'argomento segnalando il grande rigoglio delle attività culturali in Francia che vede tutti i luoghi delegati, e non, gremiti di pubblico. La cultura oltre a tutti i noti vantaggi che procura ad un tessuto sociale in termini di formazione di tutte le fasce di età della popolazione, di autentica sicurezza, di qualità della vita, di consapevolezza critica di sé, delle proprie identità, di conoscenza articolata del mondo e del tempo in cui si vive, è anche fonte consistente di prosperità economica. I nostri lungimiranti cugini francesi lo sanno e investono in cultura cinque volte quello che investiamo noi. In Italia l'era berlusconiana si è segnalata per la desertificazione ideologica di tutto ciò che è cultura e l'orizzonte odierno non sembra annunciare grandi novità in questo campo. Ma i professori non possono non sapere che la rinascita profonda del Bel Pese passa solo per un massiccio investimento sulla cultura. Nel frattempo, segnalo che artisti e produttori coraggiosi illustrano il nostro paese ricevendo prestigiosi riconoscimenti internazionali. Il prossimo 5 marzo Andrea Segre, già maestro come documentarista, verrà insignito a Londra del prestigioso Satyajit Ray Award per la sua sublime opera prima di fiction "Io mi chiamo Lì". La pellicola è interpretata da un cast di attori italiani e stranieri semplicemente strepitosi. Per me è notizia da prima pagina.

 

Moni Ovadia - L'Unità - Voce d'Autore del 03/03/2012

 

 

   
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