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 Il governo Monti, allo scadere dei suoi primi cento giorni, ha ricevuto grande copia di elogi ed apprezzamenti pressoché unanimi per alcuni aspetti della sua sua azione: la ritrovata credibilità internazionale dell'Italia, la sobrietà e la serietà dello stile, l'avvio della lotta all'evasione fiscale, la trasparenza riguardo allo status economico di ministri e funzionari e l'emersione di una classe dirigente lontana dalla penosa ciarlataneria degli uomini del precedente governo ma anche dalla tendenziale insipienza di gran parte degli esponenti della cosiddetta opposizione. Persino Susanna Camusso, la leader della CGIL, ha espresso un giudizio positivo per questi risultati. Ma visto e considerato che i cento giorni sono una soglia significativa per un esecutivo, nel varcarla, si impone una domanda: si tratta di fatti concreti o di effetti immagine? Certo, lo spread è diminuito, i "bravo!" delle cancellerie e della stampa internazionali piovono con abbondanza, ma è difficile dare una risposta univoca. Il piano liberalizzazioni, per esempio, a parere di molti commentatori, è stato snaturato, l'Italia è in recessione. E poi, il vero core business di qualsiasi governo sono la questione del lavoro e quella del welfare. Nel confronto fra il Marchionne-pensiero, gli insulti agli operai del presidente uscente di Confindustria Emma Marcegaglia e i diritti dei lavoratori, la lotta al precariato, la dignità lavoro e l'equità sociale che farà Mario Monti? Cercherà un'impervia via intermedia fra le due posizioni? Se è così non ci rimane che fargli i nostri più sinceri auguri, e, con tutto il rispetto, impegnarci perché passi la nottata.

 

Moni Ovadia - L'Unità - Voce d'Autore del 25/02/2012

 

 

   
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