Ebraismo e Governo d'Israele
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Molti organi di stampa e media internazionali, in questi ultimi giorni si sono occupati della questione degli immigrati africani nello Stato d'Israele. Sono rifugiati richiedenti asilo, sono lavoratori clandestini o, semplicemente, clandestini tout court, esseri umani che cercano vita per sé e per le proprie famiglie. Il governo di Nethanyahu, un governo ultra conservatore e iperliberista, sta affrontando la questione in modo non molto dissimile da come lo affrontano governi di orientamento equipollente in altri paesi delle sedicenti democrazie occidentali ovvero, con la mancata concessione a chi ne fa richiesta, del diritto allo status di rifugiato politico e con i centri di segregazione e di espulsione. Lo scopo di tale politica è quello di cacciarli per liberarsi di un problema che riguarda, in misura maggiore o minore, la gran parte dei paesi avanzati. Le forze politiche ultraconservatrici, rifiutano l'idea di risolvere la questione delle migrazioni con l'unica soluzione sensata, fertile e giusta, ovvero l'accoglienza. Non piace ai loro leader tanto quanto non piace ai loro elettori. Inoltre, questi clandestini sono africani e la sottocultura reazionaria, è inquinata dal razzismo. Israele non fa eccezione. Lo segnalava, fra gli altri, con un suo articolo molto critico sul quotidiano israeliano Ha'aretz del 22 dicembre scorso, il grande giornalista Gidon Levy. Fra le voci critiche che si levano contro questa politica - che anch'io considero ingiusta e nefasta in qualsiasi paese venga praticata - c'è quella di David Grossman. Il grande romanziere ha fatto questa affermazione: "L'idea stessa di Israele, contiene in sé la condizione dei rifugiati, di gente che sfuggì ad un terribile destino per cercare rifugio e riparo". Con tutto il rispetto e la stima per Grossman, secondo me si sbaglia, tutto ciò non è vero e, ammesso e non concesso che per qualche anno nella breve vita dello Stato Ebraico lo sia stato, oggi non lo è più. Oggi i valori dell'ebraismo e della sua etica universalista, non sono certo una priorità per il governo di Israele, non appartengono neppure al suo orizzonte. Le sue priorità sono eminentemente pragmatiche e basate sulla più rigorosa realpolitik impiantata nell'humus dell'ideologia sicuritaria e dell'uso della forza. Oggi, lo stato d'Israele ha una popolazione composta da ebrei delle più svariate etnie per meno dell' l'80%. Per oltre il 20%, i suoi legittimi cittadini sono arabi palestinesi e, oltre un terzo del milione di ex cittadini sovietici arrivati dopo il collasso dell'URSS, non ha alcuna origine ebraica. Esso è dunque, in qualche misura de facto, una nazione plurinazionale. Naturalmente vi albergano moltissime istituzioni ebraiche laiche e religiose. Eppure i grandi valori dell' ebraismo non hanno necessariamente eletto lì il loro domicilio.


 

Moni Ovadia L'Unità - Voce d'Autore del 11/01/2014

 

 

   
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