Una vita, la vita
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Il Talmud ebraico dice: "Chi salva una vita salva il mondo intero". Questa frase è diventata celeberrima grazie al film di Steven Spielberg "Schindler's List". Il regista l'ha scelta come epigrafe per raccontare la storia di Oscar Schindler, un giusto fra le nazioni e ormai la sentiamo citare in continuazione ad ogni celebrazione del Giorno della Memoria. E come si stingono in ridondanza e in falsa coscienza la forza e la maestà di queste parole! La natura ambigua e insidiosa del linguaggio, in bocca ai commis della retorica, ha il potere di trasformare il grandioso in insulso. Facciamo però lo sforzo di metterci a nuotare contro corrente, riprendiamoci il senso pregnante di quel detto. La notte fra il 7 e l'8 agosto scorso, abbiamo perso una vita, unica, preziosa, sensibilissima, capace di contenere un immenso dolore. Immaginiamo un titolo sulla stampa: "Un giovane gay, un adolescente di 14 anni, si toglie la vita lanciandosi nel vuoto". Poi le spiegazioni. Non sopportava più le umiliazioni, lo scherno, l'emarginazione. Per questo lui ha scelto il suicidio. Chi lo ha assassinato? È stata la logica di chi, per supponenza maggioritaria, si ritene in diritto di abusare di un essere umano solo perché non corrisponde al suo stereotipo marcio, gonfiato dalla violenza di chi ha decretato che uniformità, è valore in sé e la diversità, l'alterità, sono disvalori in quanto tali. Questa sottocultura da cloaca, occupa senza costrutto, i cervelli di altri giovani, compagni di classe, vicini di quartiere, che invece di trarre profitto da una relazione di conoscenza, di rispetto, di amore con la ricchezza del loro compagno, si degradano nella stupidità e nel pregiudizio. Questi ragazzi sono "istruiti" da adulti balordi il cui cervello andrebbe messo sotto sequestro in attesa che imparino a farne l'uso proprio. Alcuni di questi imbecilli, sono disinvoltamente tollerati nel parlamento repubblicano con una nonchalance decisamente poco democratica. Quanto ai politici, con poche eccezioni, da anni si perdono in oziosi cavilli nominalistici e in dilazioni strumentali per interessi elettorali invece di colmare il vergognoso ritardo con cui l'Italia, come al solito, nega diritti inviolabili ai nostri cittadini lesbiche e gay, mentre coccola l'ideologia machista. Come giustificazione, adducono la cosiddetta "sensibilità" dei temi "etici" e così possono mettere in campo tutte le tecniche dilatorie per perpetuare lo schifo sine die. Questo sconcio lo chiamano moderazione. Non mi stanco di ripeterlo, la moderazione che può essere virtù altrove, in Italia si legge ferocia. Un ferocia bianca persino peggiore di quella nera. Ma cosa c'è di più "sensibile" di una vita, della vita? Non dimentichiamolo, questo ragazzo è anche figlio di tutti noi. Rivendichiamone il sacrificio.

 

Moni Ovadia L'Unità - Voce d'Autore del 17/08/2013

 

 

   
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