Adina - Rassegna stampa

 

Ovadia diventa regista d’opera

di Valerio Cappelli

Corriere della Sera - 14 aprile 1999

 

La svolta In agosto a Pesaro con “Adina” - Ovadia diventa regista d’ opera

“Nelle battute crudeli di Rossini ritrovo l’ umorismo ebraico”

 

ROMA - La vita non e’ solo bella, come dice Benigni: e’ anche buffa. Dici Moni Ovadia e pensi allo strazio dell’ Olocausto, la rappresentazione

dell’ irrappresentabile. Contrordine: il Rossini Opera Festival ha appena offerto al cantore dell’ ebraismo errante la regia di un’opera buffa e fiabesca, “Adina - ovvero il Califfo di Bagdad”. Ma lui lo vede come un Rossini crepuscolare, e percio’ suo (lontano) parente artistico. Ovadia il 7 agosto all’ Auditorium Pedrotti avra’ l’onore e l’onere di aprire la ventesima edizione, precedendo di un giorno la firma del regista Pierluigi Pizzi per una nuova produzione del “Tancredi”, e di due giorni il “Viaggio a Reims” di Ronconi, una ripresa, e dunque largo a Moni Ovadia. Che dice: “Pensavo: vedrai che prima o poi qualcuno si fara’ vivo per una regia lirica, anche per il colore religioso che rappresento. Pensavo al “Moses und Aron” di Schonberg, col travaglio dell’ ebreo nel rapporto tra sacerdozio e giudice. Invece quei matti deliziosi del Festival mi coinvolgono in questa avventura. L’opera richiede precisione, io sono aleatorio e impreciso in tutto cio’ che faccio”. Che fa, ha gia’ paura di Rossini? “Il fatto che sia un lavoro minore ha vantaggi e svantaggi”. Si muovera’ nell’alveo della tradizione o della trasgressione? “Tradizione, per carita’ . A volte i registi vorrebbero essere loro

l’opera, limitando la musica a un commento. E i melomani, che sono spietati e impietosi, si incavolano come bestie”. Lei non vuole farli arrabbiare... “Figuriamoci, io a tre mesi dal debutto denuncio rispetto e paura. In fondo

l’opera ci domina, e’ un meccanismo estetico - umano - artistico perfetto a cui tutti noi tendiamo. Un po’ come i poeti contemporanei israeliani a tu per tu col Cantico dei Cantici. Lo leggono e dicono: e io cosa scrivo?”. Riuscira’ a infilare le sue radici? “A parte il soggetto, calato nelle atmosfere orientali, che mi riporta alle mie origini turche, se i cantanti (la protagonista e’ Alexandrina Pensatchanka) mi offriranno complicita’, perche’ no? Non conoscevo questa opera. Mi e’ stato dato un disco che non e’ il massimo della vita. Poi fatemi abbandonare all’imprevisto”. D’accordo. Ma perche’ sente vicina “Adina”? “Perche’ c’e’ un umorismo crudele e malinconico che mi appartiene molto”.

La storia del califfo disposto a perdonare la fuga della schiava favorita quando riconosce in lei la figlia d’una antica sua amante, a Ovadia ricorda tanto

“L’occhio caldo del cielo”, il film dove Kirk Douglas ha uno smarrimento per una ragazzina che scoprira’ essere sua figlia. “L’ex schiava piena di gratitudine che si innamora, l’incesto mancato... Anche se tutto finisce a tarallucci e vino, i bagliori del sultanato saranno spenti, lo sfarzo tendera’ a essere consunto. La vedo come un’ opera crepuscolare”.

   

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