Moni Ovadia Così Oylem Goylem lascia il palcoscenico e diventa graphic novel
 

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di Francesca Parisini
La Repubblica - 21 settembre 2010 - pag.16 sez. Bologna

 

«OYLEM Goylem», lo spettacolo forse più famoso e più longevo di Moni Ovadia, è diventar una storia a fumetti. Lo ha tradotto in striscia Saverio Montella, classe 1980, napoletano laureato all’ Accademia di Belle Arti della sua città. Oggi alle 18, alla libreria Coop Ambasciatori, il disegnatore e lo stesso Ovadia presenteranno il volume edito da Coconino Press, che festeggia così i sui primi 10 anni di attività. «Il mio innamoramento per questo testo - racconta Mondella - nasce dalla mia passione per le lingue, anche le più strane, come il bulgaro. Fu una zia, che conosceva quelle lingue, a portarmi a vedere lo spettacolo di Moni Ovadia e da allora l’ idea di tradurlo prima o poi in fumetto». Storie, aneddoti e canzoni yiddish sono il filo lungo cui si dipana lo spettacolo. Grande narratore ne è Simcha Rabinowicz che nella versione a fumetto assume invece l’ identità di Moni Ovadia stesso. Tutto l’ universo ebraico, tra il riso e il pianto, l’ ironia e il dolore, sono rappresentati in questo pezzo di teatro musicale. «Lo spettacolo - continua Mondella - è tutto basato sul grande carisma di Ovadia, in scena al buio, appoggiato a una sedia mentre racconta le sue storie. Poi, all’ improvviso, ci sono esplosioni scenografiche date dagli interventi musicali. Nel mio lavoro, la rappresentazione è al contrario: le storie sono illustrate e le canzoni dello spettacolo diventano singole tavole di cornice». Intatto rimane l’ universo di personaggi, qui come nello spettacolo: il cantore di sinagoga Naftule Rosenblatt, l’ emigrante Moishe Moshkowitz, l’ epopea della Yiddish Mame, la coppia prete - rabbino, gli ultimi e i diseredati. «Io volevo fare un lavoro sul teatro di Moni Ovadia - spiega ancora l’ autore della graphic novel - e da lì partire per raccontare la Yiddishkeit, la cultura novecentesca dell’ ebreo errante». Anche la traduzione a fumetti è ricca di cultura ebraica e Yiddish - brani liturgici e motti malandrini, canto e bordello, imbroglioni e vittime, tutti raccontati in un testo multilingue. «È la mia visione di questo mondo, quella che ho voluto dare al mio lavoro - conclude Montella - per cui anche quando disegno New York c’ è dentro sempre un po’ della mia città, Napoli, mentre i colori sono volutamente un po’ appiattiti per ricordare le atmosfere novecentesce».

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