Un 1° maggio di lutto
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Il 1° Maggio dovrebbe essere una festa di giubilo, annuncio di un futuro di giustizia nell'uguaglianza, le piazze di ogni città del mondo dovrebbero essere pavesate dalle bandiere rosse simbolo delle conquiste dei lavoratori, rosse sì! Perché al di là delle ideologie politiche, piaccia o non piaccia, il colore del riscatto dell'umanità lavoratrice è il rosso. Incrociandosi nelle strade, i cortei del popolo lavoratore e quello di tutti i cittadini democratici, si dovrebbero stringere in un abbraccio di solidarietà ideale e progettuale. Dal punto di vista del cammino compiuto dagli esseri umani verso l'orizzonte della piena emancipazione, la festa del 1° Maggio dovrebbe essere la più significativa, la più sacrale. E' con la conquista della dignità nel lavoro, con il costituirsi della sua cultura che irradia un senso profondo nell'intera società, che gli uomini si scrollano di dosso le catene di una supposta predestinazione - in realtà una Weltanschauung di potere nei suoi molteplici travestimenti - per accedere alla piena libertà. Oggi noi invece festeggiamo un 1° Maggio amaro, di lutto, segnato da un'aggressione senza precedenti alle conquiste del lavoro, all'idea stessa del lavoro come diritto. Una delle ideologie più degenerate della storia, sopravvissuta come un micidiale morto vivente all'eclisse delle ideologie stesse, il cosiddetto liberismo - in realtà una metastasi devastatrice e impersonale - si vuole impossessare del mondo intero per espropriarlo della sua eredità a fini di profitto e per perpetuare il mondo delle disuguaglianze e dei privilegi. Un potere finanziario ipertrofico, incontrollato, insofferente ad ogni regola, ha sostituito con il totem economicista, il senso dell'integrità della vita e pretende per la propria ideologia, lo statuto indiscutibile di necessità naturale. Da oltre sei lustri conduce una vera e propria lotta di classe senza quartiere contro i diritti sociali perché vuole avere a disposizione del lavoro servile, non tutelato, mal pagato e sottoposto al ricatto di una costante precarietà. Questo potere finanziario dispone di smisurati mezzi e apparati di propaganda. Il suo credo ideologico ha colonizzato i centri del sapere economico e può contare su articolate reti di complicità politica, volonterosa o cinica, che ripaga con privilegi piccoli e grandi. Questi centri economico-finanziari, sono riusciti efficacemente a promuovere un'alleanza conservatrice de facto, convergente al centro, fra le forze del centro destra e quelle del centro sinistra. I governi nazionali di oggi sbrigano gli affari correnti di piccolo cabotaggio e legiferano la precarietà per lasciare ai veri signori le decisioni strategiche che ormai si svolgono a livello globale. Il 1° Maggio deve essere riconquistato e il cammino non sarà breve.

Moni Ovadia L'Unità - Voce d'Autore del 3/05/2014

 

 

   
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