Il nome del Papa lo sapevo prima
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  Il grande rumore mediatico intorno al nuovo Pontefice della Chiesa Cattolica e alla sua inedita figura, si sta un po' smorzando. Fortunatamente anche la frenetica quanto monotona ondata di commenti, pronostici, soprattutto mancati e di bla bla senza costrutto rifluisce o, perlomeno, si sposta su altri argomenti. Adesso posso sentirmi meno petulante se anch'io, ebreo agnostico, mi azzardo a dire la mia su Papa Bergoglio. La prima cosa che rivendico, è di aver preconizzato per primo l'avvento al soglio pontificio di un Cardinale delle Americhe che si sarebbe dato il nome di Francesco. La profezia la feci vent'anni orsono in un mio spettacolo dal titolo Oylem Goylem e specificamente in una storiella yiddish. La storiella mette in scena un sacerdote e un rabbino grandissimi amici. Si stimano e si rispettano ma competono aspramente solo su una questione. Ognuno dei due uomini di fede segue con trepidazione il proprio pupillo e ognuno, nel profondo del cuore, lo stima migliore di quello dell'altro. Per il rabbino si tratta del figlio Daniel, un giovane davvero speciale, per il prete il nipote Franceschino, figlio della sorella. Il rabbino, per provocare il collega cattolico, annuncia che il suo Daniel è un tale genio dell'informatica che, nel giro di una manciata di anni, passerà dalla laurea, al dottorato, alla cattedra universitaria, per diventare poi il consulente dei più importanti centri informatici pubblici e privati del mondo, fino ad approdare, da ultimo, al premio Nobel. Il prete, piccatissimo, rilancia la contesa tracciando con frenesia la folgorante carriera che attende il suo Franceschino che già studia in seminario ed è talmente pervaso da fede e spiritualità, che in un solo lustro passerà dai voti del sacerdozio, all'investitura a vescovo, alla nomina a cardinale, per poi essere chiamato al ruolo di Bianco Padre con il nome di Franceschino I. A mio modo dunque, anch'io aspettavo da un pezzo questo Papa e per quello che vedo e sento, mi piace - fatta salva la supposta compromissione con la passata dittatura Argentina che non sembra essere suffragata da sufficienti elementi di prova e per negare la quale si sono levate voci autorevolissime come quella di Pedro Perez de Esquivel - ma soprattutto ammiro la scelta della Chiesa di avere affidato il proprio futuro ad un uomo così, alieno dalla curialità, portatore di parole precise e pregnanti, familiare a chi lo ascolta al di là della religione. La sua venuta è verosimilmente stata seminata dal Cardinale Martini e annunciata dalla geniale "abdicazione" di Benedetto XVI per portare la Chiesa stessa fuori dagli scandali che rischiavano di delegittimarla definitivamente. Chapeau! Del resto la classe non è acqua. Ah! Se solo la politica dei politici volesse imparare da chi ne sa di più!

 

Moni Ovadia L'Unità - Voce d'Autore del 23/03/2013

   
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